E’ già trascorsa qualche ora da quando ho indossato il ghillie mimetico e mi sono adagiato a terra ai piedi di un grosso ginepro con l’intento di camuffare al meglio la mia sagoma. Davanti a me la macchina ed il teleobiettivo montati sul treppiedi, anch’essi in buona parte camuffati, ed una porzione abbastanza ampia di pendio da tenere sotto controllo nell’attesa che esca allo scoperto qualche esemplare di cervo. Siamo all’inizio della stagione degli amori, periodo nel quale i maschi di questa specie sono particolarmente attivi nell’intento di affermare la loro supremazia sugli harem di femmine; nonostante la lunga attesa sia stata più volte interrotta da qualche lontano bramito, nessun animale è ancora uscito allo scoperto. Sembra l’ennesimo pomeriggio infruttuoso di appostamento, quando una femmina di cervo si avvicina lentamente nella mia direzione, intenta a brucare le poche foglie ancora succulente presenti sugli alberi arsi dalla lunga e torrida estate; “finalmente qualcosa da immortalare” penso rinfrancato mentre inizio a scattare qualche fotogramma.
Tutto intento a seguire i lenti movimenti dell’aggraziato animale, quasi soprassalgo quando un poderoso bramito fa vibrare l’aria a poca distanza dietro di me; resistendo a fatica all’istinto di sporgermi subito oltre i ginepri per avere una visuale maggiore, mi volto con cautela ed affacciandomi lentamente scorgo sul margine destro del bosco un possente esemplare maschio di cervo che si sta apprestando a venire proprio nella mia direzione. Sfortunatamente l’animale si trova molto defilato rispetto al mio angolo di visuale prescelto, così cerco di riposizionare il treppiedi con movimenti quanto più lenti e silenziosi possibili; mentre il grosso ungulato continua a muoversi riesco ad inquadrarlo e scattare le prime immagini. E’ abbastanza vicino così che anche attraverso la piccola finestra del mirino della reflex riesco a notare perfettamente tutti i dettagli della sua maestosa sagoma: le corna anche se poco ramificate sono estremamente sviluppate per dimensioni, quasi imponenti, mentre la sua stazza, essendo all’inizio della stagione degli amori, risulta essere al massimo dello sviluppo muscolare e dell’accumulo di massa grassa.
Di colpo l’animale si arresta ed inarcando la testa all’indietro emette un nuovo poderoso bramito. Nell’adrenalina e nell’emozione del momento, tradito anche dall’autofocus a sua volta ingannato da qualche ramo posto tra me ed il cervo, manco la messa a fuoco e con essa lo scatto del momento che più rappresenta questo animale. Certo che ben presto, veloce come è apparso, scompaia di nuovo nel folto della vegetazione non mi do pace per l’occasione persa.
Fortunatamente però il cervo riprende ad avanzare nella mia direzione; ormai il grosso ungulato è a brevissima distanza, non più di 20 metri, è così vicino che mi ritrovo con lo zoom quasi del tutto accorciato. Rimango estasiato ed al contempo quasi spaventato dalla sua mole; la luce laterale del tardo pomeriggio ne esalta il magnifico profilo. Ancora qualche suo passo nella mia direzione e sento il cuore iniziare a battere forsennatamente: in tutta onestà mai mi era capitato di poter osservare così da vicino un grosso maschio. Si ferma nuovamente e dopo essersi attentamente guardato intorno inizia a puntare fisso nella mia direzione: i suoi occhi attraverso i vetri della lente e dello specchio arrivano diretti nei miei per molti lunghi interminabili secondi, forse addirittura un minuto. In questi attimi tutto sembra sospeso in un limbo senza tempo; per l’emozione di trovarmi faccia a faccia con una delle più belle e fiere creature delle nostre montagne sento l’adrenalina pervadere il mio corpo fin nelle sue più minute terminazioni. Evidentemente ha fiutato il mio odore o ha udito il rumore emesso dalla macchina durante gli scatti ma la mia buona camuffatura gli impedisce di realizzare a pieno cosa ci sia realmente davanti a lui.
E’ ancori lì immobile che continua a guardarmi, quando lentamente si sposta verso destra e gonfiando il collo con quanto più fiato possibile scuote nuovamente l’immobile atmosfera con un fragoroso bramito, poi un altro ancora; il suo verso riecheggia tra i crinali, destinato ad essere udito dagli altri maschi. Stavolta non sbaglio, non posso permettermelo; con una breve raffica congelo questi istanti irripetibili. Poi, quasi consapevole di essere stato appena ripreso con successo nella sua più spettacolare espressione, con un veloce colpo di reni si gira e corre via sul pendio con il capo ben alto a far sfoggio del suo enorme palco. Ancora in balia delle forti emozioni lo guardo allontanarsi fiero e spavaldo, fino a sparire dietro una macchia di arbusti, lasciandomi con l’inestimabile privilegio di aver potuto guardare, direttamente attraverso i suoi occhi, lo spirito selvaggio della Natura.