VELINO, APPENNINO SELVAGGIO

Selvagge, aspre, imponenti. Sono questi i primi aggettivi che vengono alla mente quando da lontano si osservano le grandi vette calcaree del massiccio del Velino, montagne che si contraddistinguono in maniera particolare proprio per le loro ruvide fattezze. Alle quote più alte il paesaggio è infatti estremamente impervio e brullo, dall’aspetto a tratti quasi lunare, poche le specie animali e vegetali capaci di sopravvivere qui. Ad interrompere i ripidi fianchi slavati delle vette, oltre a maestosi circhi e valli scavate dallo scorrere di antichi ghiacciai, si ergono cenge rocciose e pareti imponenti, habitat ideali per la nidificazione dell’aquila reale e del grifone, da qualche anno tornato stabilmente ad abitare su questo massiccio. Più in basso l’ambiente si fa tuttavia meno ostile ed ai piedi delle alte cime si estendono vasti altopiani carsici circondati da fitte faggete che riportano alla vista i più classici scorci appenninici. Sono questi i territori del cervo e del lupo, simbolo dello spirito autentico e selvaggio di queste montagne.
Tutt’attorno alla vetta principale del Monte Velino (2487 m.s.l.m.) una complessa orografia si dipana tra numerose altre importanti cime e dorsali le quali, intersecandosi tra loro, si susseguono a perdita d’occhio. Sono i Monti della Duchessa, le cime che sorgono attorno a Campo Felice, la Magnola ed il Sirente, giganti di roccia dall’aspetto maestoso che, tutti insieme, costituiscono una delle più importanti roccaforti di natura selvaggia di tutta l’Italia centrale.
La wilderness che trasudano queste montagne in molti loro tratti, insieme alla malinconica e ruvida bellezza degli ambienti più remoti, è ciò che di esse più mi affascina e che mi spinge ad immortalarle, nonostante si tratti di ambienti tutt’altro che facili da riprendere, per svariati motivi. Sono però convinto che valga davvero la pena provare a raccontare i veri caratteri naturali di questi luoghi, nei loro aspetti più peculiari, sintesi perfetta della vera montagna appenninica. Ben altro rispetto agli affollati e deturpanti caroselli sciistici per via dei quali i più conoscono e frequentano quest’angolo d’Abruzzo.